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Documenti pubblici, digitali.

I primi due anni del Team per la Trasformazione Digitale

Raccomandazioni per il Governo

La Trasformazione Digitale della Pubblica Amministrazione in Italia è partita numerosi anni dopo la maggior parte dei paesi europei. A maggior ragione, questo processo di trasformazione di lungo periodo deve avvenire con una forte governance politica e con competenze tecnologiche, di disegno dei servizi (il cittadino al centro) e di gestione di processi. Ora che abbiamo una chiara strategia espressa dal Piano Triennale, il Presidente del Consiglio deve di fatto guidare la Trasformazione Digitale che prima di tutto è una trasformazione politica, culturale e di processo.

It’s day one - siamo solo al giorno 1!

In base all’esperienza accumulata nei 24 mesi di attività suggeriamo i seguenti interventi.

Aggiornamento della strategia del piano triennale e continuazione delle fasi di esecuzione

➔ Proseguire il percorso tracciato nel 2017 dal Piano Triennale per la Trasformazione Digitale, intensificando e completando la realizzazione dei componenti del “sistema operativo” mediante:

  • la diffusione a scala dei programmi già avviati - ANPR, pagoPA, SPID, CIE;
  • la migrazione dei data center al Cloud della PA e ad un numero ristretto di data center nazionali - Poli Strategici Nazionali - identificati e messi in uso;
  • lo sviluppo di un modello di interoperabilità basato su API per far comunicare i sistemi tra loro;
  • la creazione di una strategia nazionale di valorizzazione dei dati e lo sviluppo continuo della Piattaforma Digitale Nazionale Dati, concludendo la fase sperimentale.

adottare su larga scala gli strumenti per sviluppo, design, collaborazione e condivisione Developers Italia e Designers Italia, Docs Italia, Forum Italia e la Piattaforma Digitale Nazionale Dati, per garantire open government, open software, open data;

➔ proseguire e accelerare la trasformazione digitale di specifici servizi pubblici mediante:

  • il completamento dello sviluppo e la diffusione della piattaforma io.italia.it così da permettere al cittadino di comunicare in digitale con tutta la Pubblica Amministrazione, ricevere atti e notifiche delle scadenze, effettuare e ricevere pagamenti. L’adozione a scala richiederà investimenti di risorse su campagne di promozione tradizionali e digitali, anche innovative (es. accordi di pre-installazione con gli operatori telefonici). L’installazione sugli smartphone e tablet dei cittadini potrà agire da volano per una fruizione agevole dei servizi da un unico punto di ingresso (che in prospettiva potrà essere ulteriormente facilitata da “agenti di navigazione” basati su AI).
  • l’introduzione di laboratori di user research, metriche e KPI per misurare l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici digitali, tra cui ad esempio la frequenza di utilizzo e facilità d’uso (la frequenza di utilizzo del FSE, …), la percentuale di persone che completano con successo il percorso specifico (il pagamento di una multa, l’iscrizione del proprio figlio a scuola, …), la soddisfazione degli utenti nell’uso del servizio, il costo sostenuto dallo stato per singola transazione, la percentuale di cittadini che sceglie il servizio digitale rispetto all’equivalente analogico.
  • l’istituzione di una struttura di design dedicata alla prioritizzazione e al miglioramento continuo dei servizi e dei processi delle pubbliche amministrazioni, e l’attuazione di programmi di digitalizzazione organizzati sulla falsariga dei servizi flagship su cui ci si è già attivati.

avviare l’utilizzo, in consultazione con l’Autorità Garante per la Protezione dei Dati Personali, della Piattaforma Digitale Nazionale Dati a supporto delle decisioni dei policy maker e delle pubbliche amministrazioni attraverso la selezione di aree di applicazione di elevato impatto quali ad es. mobilità, consumo energetico, formazione scolastica, mercato del lavoro, lotta all’evasione fiscale, sanità.

Governance

prolungare, come previsto dall’art. 63 del D.Lgs. n. 179/2016 [37], la durata della struttura commissariale (Team per la Trasformazione Digitale) di un altro anno (non necessariamente con lo stesso Commissario) per poter continuare le attività sopra descritte e attuare quanto suggerito di seguito, inclusa la transizione ad una nuova struttura permanente;

creare una struttura permanente, identificabile in un Dipartimento presso la Presidenza del Consiglio con a capo un Ministro o un SottoSegretario per la Trasformazione Digitale, dotato di una forte delega [38]e di un budget di spesa, con funzioni di indirizzo e vigilanza su AgID. Tale Dipartimento dovrà essere digitalizzato al momento della sua partenza; deve essere visto come il “gioiello digitale” della pubblica amministrazione. È inoltre fondamentale che operi in spazi moderni, open space, che facilitino la collaborazione e che non rappresentino i palazzi tipici della burocrazia e della politica. Suggeriamo inoltre di valutare l’opportunità di una sede lontana da Roma, dove sia possibile reclutare i talenti umani necessari. Il Dipartimento dovrà infatti poter formare un team dedicato all’implementazione della trasformazione digitale della pubblica amministrazione e alla sua esecuzione sul territorio, in affiancamento e a supporto delle amministrazioni centrali, locali e ai fornitori di tecnologia. Una prima stima è di 510 esperti di tecnologia e di processi industriali di cambiamento (di cui indicativamente 115 all’interno del team centrale, 105 in assegnazione alle PA centrali che vengono coinvolte nella gestione dei progetti lanciati dal Team e 290 sul territorio in affiancamento alle amministrazioni centrali, locali e ai fornitori di tecnologia). Questo tipo di qualifica è riscontrabile raramente nei dipendenti della PA. Così come il Commissario è riuscito ad assumere 30 esperti (qui il link alle job description pubblicate) il cui obiettivo principale è quello di aiutare il Paese, il Ministro/SottoSegretario deve poter assumere in maniera agile esperti con contratti della durata di 1-3 anni dal privato. Il modello può essere replicabile anche per numeri superiori, se questo personale è inserito all’interno di una organizzazione con processi strutturati, ripetibili e controllabili con audit frequenti. Il team così formato opererà su programmi critici supportando le PA locali e centrali, tramite meccanismi e processi strutturati. I programmi verranno poi eventualmente ricollocati presso gli “owner” più adatti alla loro gestione e continua evoluzione. Esempi internazionali sono l’US Digital Service sotto la Casa Bianca e il UK Government Digital Service sotto il Cabinet Office del Governo UK, che hanno assunto in maniera agile rispettivamente 200 e 500 esperti dal settore privato. Suggeriamo di recuperare i fondi per questa nuova struttura sia dalla riduzione delle dimensioni di AgID sia individuando, insieme alla Ragioneria Generale dello Stato, i progetti tecnologici più inutili nella PA (quali ad esempio siti, portali e app non utilizzate). Quest’ultimo suggerimento è ispirato al modello di creazione di UK GDS: il Cabinet Office ha individuato e chiuso 3 siti totalmente inutili, allocando il loro costo di sviluppo e manutenzione alla creazione della nuova struttura [39].

ristrutturare radicalmente AgID, riducendone gli scopi – si veda la tabella in Allegato - inserendo esperti di gestione del cambiamento, introducendo processi e tool digitali e riducendo proporzionalmente il personale, a fronte della creazione del Dipartimento alla Trasformazione Digitale. Oggi AgID è una inefficace fucina di circolari e organizzatore di tavole rotonde che non aggiungono sostanziale valore al processo di trasformazione della pubblica amministrazione. Abbiamo inoltre osservato che AgID agisce in maniera opposta alle normali regole di business per quanto riguarda la spesa dei fondi europei. La spesa dei fondi a disposizione avviene senza nessuno strumento di valutazione della loro utilità, ma solamente secondo una necessità di dimostrare la capacità di esaurire i fondi a disposizione indipendentemente dalla effettiva necessità di spesa;

creare all’interno di ogni Ministero ed Ente principale della PA centrale (o raggruppamenti di amministrazioni) un Chief Technology Officer che sia preposto alla trasformazione digitale e all’implementazione del Piano Triennale e riporti direttamente al Dipartimento per la Trasformazione Digitale. Il Chief Technology Officer sarà affiancato da un team di talenti ed esperti tecnologici e di gestione del cambiamento in grado di operare sistemi complessi. Il nostro approccio ha finora funzionato con un numero limitato di amministrazioni collaborative ma la sfida per i prossimi anni è di scalare questo approccio a tutta la pubblica amministrazione;

investire sulle società “inhouse” centrali (Sogei, Infocamere, Aci Informatica, IPZS, …) e regionali e su quegli enti pubblici (Agenzia delle Entrate, INPS, …) che hanno un ruolo critico nello sviluppo delle tecnologie abilitanti e nell’erogazione dei maggiori servizi pubblici (fisco, lavoro, welfare) anche attraverso un massiccio reclutamento di talenti ed esperti tecnologici al loro interno, ad iniziare dai profili di vertice di tali società. Le inhouse e gli enti pubblici devono fortemente modernizzare le proprie competenze tecnologiche ed operative, mentre ad oggi la maggior parte di loro sono centrali di subappalto con poco valore aggiunto. Alcune inhouse come Sogei hanno iniziato questo percorso di cambiamento, ma è necessario intensificare gli sforzi. Sarà probabilmente necessario chiudere anche le inhouse che non hanno dimostrato di aggiungere valore e di essere solamente una inefficace stazione di sub-appalto.

Nuovo modello AGID

È necessario a nostro avviso ristrutturare l’Agenzia per l’Italia Digitale, diminuendo drasticamente i compiti ad essa affidati dal Codice dell’Amministrazione Digitale [40].

Tale ristrutturazione deve avvenire sottraendo all’Agenzia, che ha scarse competenze tecnologiche e di gestione di processi complessi, le attività strategiche e progettuali, e circoscrivendo il perimetro di azione alle attività di accreditamento dei fornitori di servizi qualificati, vigilanza su tali servizi, gestione dell’ufficio del difensore civico digitale.

L’Agenzia dovrebbe pertanto focalizzarsi su attività di regolamentazione e standardizzazione, vigilanza, pareri e supporto a cittadini e imprese nell’attuazione dei diritti di cittadinanza digitale.

Le attività di natura strategica e progettuale potrebbero essere affidate al Team per la Trasformazione Digitale e successivamente al Dipartimento per la Trasformazione Digitale e/o a Ministeri ed enti che, per competenza specifica, sono maggiormente deputati a condurre tali attività.

In Allegato A: Risorse necessarie per la continuazione delle attività di Trasformazione Digitale l’elenco delle attività attualmente in capo ad AgID e/o al Team e una indicazione di riallocazione di tali attività presso enti differenti.

Competenze e formazione

➔ creare programmi per attrarre giovani talenti universitari con competenze tecnologiche moderne all’interno della PA, quali ad esempio un “servizio civile digitale” che attragga per un periodo di 12 mesi talenti che lavoreranno a stretto contatto con il vertice delle amministrazioni e delle agenzie pubbliche su progetti di trasformazione digitale. Un esempio a livello internazionale è costituito dal programma americano Coding it forward;

effettuare un massiccio intervento nella formazione “digitale” della classe dirigente e dei funzionari della PA, introducendo specifici percorsi incentrati su casi pratici di ridisegno dei servizi pubblici secondo le linee guida e il design system descritti nel Piano Triennale. Tali percorsi dovrebbero essere resi obbligatori per la promozione a dirigente dei dipendenti pubblici;

➔ coinvolgere attraverso il programma di alternanza scuola lavoro studenti con il duplice obiettivo di avvicinarli al mondo della pubblica amministrazione e utilizzarli per spiegare i servizi digitali ai cittadini che, ad esempio, sono in coda allo sportello e non hanno dimestichezza con i nuovi strumenti.

Budget, incentivi e sanzioni: nuovi principi

effettuare importanti investimenti, sia a livello centrale che locale, e intensificare gli strumenti di finanziamento messi a disposizione della Pubblica Amministrazione, invertendo il principio per il quale la trasformazione digitale debba essere attuata ad invarianza di risorse. Digitalizzare la Pubblica Amministrazione a spesa zero è un controsenso. Bisogna spendere di più nel breve per spendere molto di meno nel lungo periodo, sempre nella considerazione che vi debbano essere processi che siano in grado di utilizzare efficacemente questi fondi, altrimenti sono solo soldi sprecati;

➔ razionalizzare l’uso dei fondi europei dedicati alla trasformazione digitale, ed intensificare l’uso di questi in forma di contributo per gli enti centrali e locali per il raggiungimento dei risultati specifici previsti dal Piano Triennale, così come fatto per ANPR. È necessario concentrarsi su come i soldi vengono spesi, e non sulla necessità di dimostrare la capacità di esaurire i fondi a disposizione indipendentemente dalla effettiva necessità di spesa;

introdurre un sistema di benefici e incentivi economici per le amministrazioni che adottano e i cittadini che usano i processi digitali invece di quelli analogici [41];

sanzionare e/o ridurre i finanziamenti alle amministrazioni che non attuano la trasformazione digitale, in particolare l’utilizzo delle piattaforme abilitanti. Utilizzare non significa limitarsi alla “firma della convenzione” ma attivare il servizio all’interno dei propri sistemi secondo le linee guida stabilite.

Digitalizzazione del percorso di creazione e utilizzo di una legge

Suggeriamo di continuare il progetto Lex Datafication, che permetterà di trasformare il processo di stesura, approvazione e pubblicazione di una legge, portandolo da analogico a digitale by default, così da garantire velocità, trasparenza, ed efficienza del processo legislativo.

In contemporanea si potrà lavorare alla creazione del Citizen Assistant, che tramite algoritmi di Machine Learning (ML) e Natural Language Processing (NLP) risponde alle domande di cittadini e professionisti in tema normativo.

Procurement di servizi tecnologici

Il processo di procurement costituisce una delle attività più onerose per le PA. Lo svolgimento delle procedure di acquisto richiede una significativa quantità di tempo e risorse, di conseguenza l’acquisto di prodotti e servizi digitali fatica a tenere il passo con l’evoluzione delle soluzioni tecnologiche. I tentativi di facilitare i processi di acquisto di prodotti e servizi digitali a livello centrale, tramite le centrali di committenza, hanno portato spesso alla definizione di convenzioni di elevato importo e lunga durata mono-committente (molto spesso vinte da grandi aziende o RTI [42], a volte senza una esperienza specifica del mercato di riferimento) a cui tutte le amministrazioni sono obbligate ad aderire [43] anche quando l’adesione genera, a parità di servizio, un aumento dei costi per l’amministrazione stessa.

All’origine di queste problematiche, si riscontrano frequentemente le seguenti cause:

  1. carenza di competenze tecnologiche all’interno della pubblica amministrazione, con la conseguenza che spesso è il fornitore che suggerisce alla PA cosa deve comprare sostituendosi a questa nella fase di progettazione dei servizi. La scelta cade pertanto su soluzioni proprietarie che determinano vendor lock-in, non garantiscono interoperabilità con altre PA e non sono pensate per evolvere nel tempo;
  2. inadeguatezza del corrente digital marketplace (MePA), che è ancora troppo complicato da utilizzare e manca di funzionalità di base quali un motore di ricerca che produca risultati rilevanti, modalità di facile iscrizione da parte delle aziende e descrizioni dettagliate dei servizi prodotti;
  3. mancanza di modelli di riferimento e template specifici per guidare la pubblica amministrazione nello svolgimento delle gare;
  4. tendenza ad aggiudicare la gara in base a criteri di massimo ribasso, anche quando il punteggio afferente alla offerta economica sarebbe teoricamente ridotto, a causa di una insufficiente valutazione dei parametri di qualità in cui i punteggi attribuiti vengono schiacciati verso l’alto;
  5. gravosità del processo di acquisto e assenza di automazione dei controlli richiesti dal codice, con la conseguenza di tempi eccessivamente lunghi per lo svolgimento delle gare, che generano la necessità di una pianificazione molto anticipata e, inevitabilmente, inaccurata;
  6. assenza di un sistema di valutazione dei fornitori da parte delle PA e dei servizi resi che permetta la creazione di una knowledge base di casi utili per poter operare in maniera informata sulle base delle scelte fatte in passato;
  7. uso di costi unitari fuorvianti legati a metriche di misurazione del software (ad esempio “function point”) che misurano aspetti non rappresentativi dell’effettiva qualità del servizio e del software, in particolare per quanto riguarda i requisiti non funzionali (ad esempio facilità d’uso per l’utente) e contribuiscono ulteriormente a sbilanciare la valutazione nella direzione del ribasso economico. Dobbiamo passare dalla valutazione dell’output alla valutazione dell’outcome [44];
  8. difficoltà di intervento su gare che hanno avuto esiti imprevisti e non soddisfacenti, tra cui per esempio prezzo e qualità della fornitura non più in linea con i livelli e gli standard di mercato. Spesso i prezzi della tecnologia diminuiscono nel tempo e la qualità standard aumenta, mentre le pubbliche amministrazioni devono pagare i prezzi più alti e tollerare livelli di qualità inferiori aggiudicati in base agli standard di anni addietro.

Per consentire alle amministrazioni di acquisire prodotti e servizi digitali in maniera semplice e veloce, in linea con la rapida evoluzione delle tecnologie e con risparmi effettivi è necessario:

rinforzare Consip con competenze tecnologicamente qualificate; ad oggi le risorse di Consip sono troppo sbilanciate a favore delle competenze legali rispetto a quelle tecnologiche/operative;

favorire un sistema di procurement dinamico che consenta forniture pluri-committente, introduca meccanismi tali da poter includere PMI e startup ad alto valore tecnologico e favorisca contratti rinnovabili di importi minori così da poter continuare ad investire solo dove si riscontra valore;

cambiare drasticamente i processi di gara di acquisto di tecnologia; supportare Consip nel passare da singole gare mono fornitore del valore di centinaia di milioni e di lunga durata, ad accordi quadro multi fornitore di minori importi e di breve durata, rinnovabili nel tempo, e che garantiscano un più facile accesso alle piccole e medie imprese;

far evolvere il MePA in un digital marketplace dinamico, che faciliti l’accesso a startup e PMI ad alto valore innovativo, e che offra un’esperienza utente semplice ed intuitiva;

➔ proseguire nei lavori avviati dal Team con Consip per la realizzazione del Codice di condotta per il procurement di tecnologia, contenente i principi da adottare ed includere in ogni nuova nuovo contratto o gara di servizi e prodotti tecnologici indetta da Consip o da ogni altra Pubblica Amministrazione;

automatizzare i processi, in particolare quelli relativi alle clausole di esclusione previsti dall’art. 80 del codice degli appalti e aggiungere ai compiti di Consip il monitoraggio e l’analisi dei tempi medi di esecuzione delle procedure di appalto (con particolare attenzione agli affidamenti diretti e le gare sotto-soglia), con degli obiettivi chiari di riduzione dei tempi;

istituire un programma di certificazione che permetta a Consip di velocizzare le procedure di acquisto di prodotti e servizi digitali da parte delle amministrazioni centrali e locali. Tale programma conterrà una lista di requisiti chiari e verificabili e permetterà agli enti maggiormente organizzati di gestirsi in proprio i processi di acquisto in maniera trasparente, nel rispetto di tali requisiti, e controllabili tramite un processo di audit;

ripensare i meccanismi di governance nelle procedure di acquisto di servizi e prodotti digitali per garantire maggiore coerenza con la strategia di trasformazione digitale descritta dal Piano Triennale, superando i limiti degli attuali pareri AgID [45] - ad oggi AgID non è dotata delle risorse e delle competenze necessarie per verificare che ciò che si compra sia ciò che serve.

[37]L’art. 63 del del D.Lgs. n. 179/2016 prevede per la struttura commissariale una durata fino a 3 anni.
[38]Necessario dotare il SottoSegretario alla Trasformazione Digitale degli stessi poteri di impulso e coordinamento previsti per il Commissario Straordinario dall’art. 63 del D.Lgs. n. 179/2016 e DPCM 16 settembre 2016
[39]Tra i siti in questione vi sono Directgov e Businesslink .
[40]D.Lgs. 82/2005
[41]Ad esempio, alcuni comuni stanno incentivando con uno sconto di 5-10€ il pagamento della TARI tramite pagoPA e riallocando la forza lavoro dedicata agli incassi manuali della TARI, in altre attività a più alto valore aggiunto.
[42]Raggruppamento temporaneo di imprese.
[43]Il comma 512 dell’art. 1 della Legge di stabilità 2016 stabilisce che “al fine di garantire l’ottimizzazione e la razionalizzazione degli acquisti di beni e servizi informatici e di connettività, le PA provvedono ai propri approvvigionamenti esclusivamente tramite Consip SpA o i soggetti aggregatori.” Il paragrafo 4 lettera “c” della Circolare Agid del 24 giugno 2016, n. 2 dice “per procedere ad acquisizioni di beni e servizi informatici e di connettività, le amministrazioni pubbliche devono preliminarmente verificare se sussistono per l’acquisto in questione obblighi di acquisizione centralizzata; in particolare, andrà verificata la sussistenza dell’obbligo di ricorso alle convenzioni Consip (di cui all’articolo 1, comma 449, della l. 296/2006 )”.
[44]Fundamentals Unpacked: outcomes and outputs in the public sector
[45]Art. 14-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale